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4 luglio 2021Badia Fiorentina Fr. Antoine-Emmanuel

Aggiornamento: 11 lug 2021



XIV Domenica del Tempo Ordinario

Ez 2,2-5 -2 Cor 12,7-10 - Mc 6,1-6



Vi ricordate come andò a finire la visita di Gesù nella sua patria?

“Tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno.

Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte,

sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù.” (Lc 4,28-29)


Ci fu un grande rifiuto…

Eppure conoscevano Gesù da quasi trent'anni.

L’avevano visto crescere.

Lo chiamano “il falegname”.

Hanno ordinato da lui dei tavoli, degli armadi, delle sedie…


E ora c'è una grande ribellione.

Un'esasperazione.


Perché?

Perché disturba, dà fastidio, mette in crisi.

Anzi, Marco ci dice che “era per loro motivo di scandalo” (Mc 6,3)

“Scandalo” vuole dire qualcosa che ti fa inciampare.

Tu cammini, e vi è un ostacolo, un inciampo, che ti fa cadere…

Gesù è per loro “scandalo”.

Li fa inciampare.

Perdono la loro tranquillità, entrano in crisi,

perché disturba il loro modo di pensare, di credere, di vivere.

Allora basta! Via!


Ma che cosa esattamente dà loro fastidio?

Due cose, ci dice Marco:

la “sapienza che gli è stata data”

ed “i prodigi compiuti dalle sue mani” (Mc 6,2)


La sua “sapienza” dà fastidio.

La sapienza, nella cultura “biblica” è l’arte di vivere, il modo in cui vivere la vita.

E Gesù propone una sapienza che spiazza tanto la gente.

Qui è il Vangelo di Luca che ci aiuta, nel suo racconto di questa visita a Nazaret.


Vi ricordate quando Gesù evoca la vedova di Sarepta di Sidone, alla quale fu inviato Elia,

e Naamàn, il Siro, che fu purificato al tempo del profeta Eliseo…? (cf Lc 4,25-27)

Il dono di Dio si manifesta presso i pagani che non hanno nessun “merito” secondo la legge…

Gesù dà fastidio perché predica la misericordia di Dio,

perché porta ai poveri il lieto annuncio, proclama ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; perché rimette in libertà gli oppressi,

e proclama l'anno di grazia del Signore. (cf Lc 4,18-19)


Gesù predica la gratuità dell’amore di Dio,

e quindi la necessità di avere un cuore povero.

E' come se Gesù li spogliasse di tutti i meriti,

come se rendesse vani tutti gli sforzi per meritare l’amore divino.


L’altra cosa che dà fastidio, poi, sono i miracoli.

Da una parte, vogliono i miracoli:

"Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao,

fallo anche qui, nella tua patria!" (Lc 4,23);

dall’altra non li sopportano, perché non concepiscono che il falegname possa fare miracoli.


In breve: vogliono un Gesù secondo le loro idee…


Vogliono rimanere nel loro modo di vivere.

Noi siamo a posto con due cose:

la nostra scienza, le nostre conoscenze, la nostra teologia,

e i nostri meriti, la nostra buona condotta.

E Gesù, Lui, non disprezza né la scienza né la buona condotta,

ma insegna che quel che conta è avere il cuore povero davanti a Dio.

Ci chiede di essere fondamentalmente poveri davanti a Dio Padre.


Vogliono, sì, che Dio li liberi dal male,

ma non attraverso il falegname.

Non vogliono il soprannaturale nel quotidiano.

Non vogliono quello che non è sotto il loro controllo.


E Gesù “si meravigliava della loro incredulità”. (Mc 6,6)


*


E oggi, Gesù si meraviglierà della nostra incredulità?


Oppure… diamo, oggi, a Gesù la gioia

del nostro sì alla povertà del cuore,

e del sì al suo operare al-di-là di quello che possiamo spiegare e controllare.


In altri termini, diciamo di sì alla prima Beatitudine nella sua interezza:

sì alla povertà del nostro cuore,

e sì al dono del Regno, al traboccamento di Dio nella nostra vita.


Sì a diventare vuoti per amore,

e sì al traboccamento divino in noi ed in mezzo a noi.


Questa è l’esperienza concreta che fece Paolo,

e che ci racconta nella Seconda Lettera ai Corinzi.


Paolo ci parla della “spina nella carne” di cui soffre. (cf 2 Cor 12,7)

La “carne” qui non è solo il corpo nella sua materialità,

è l’uomo in quanto corpo, l’umanità nella sua corporalità.

E, in esso, Paolo soffre tanto.

Ha riconosciuto che si tratta di una violenza che gli viene da Satana,

qualcosa che lo percuote, che gli dà dei colpi forti,

e che lo umilia.

Ne avrà sofferto tanto.

Ne sarà stato umiliato, indebolito, tanto.

E più volte ha pregato per esserne liberato.

Ma Gesù non lo ha liberato, come Paolo sperava.

Invece Gesù gli ha fatto capire che questa umiliazione era necessaria

perché non montasse in superbia per la sovrabbondanza del dono di Dio che riceveva. (ibid.)


Per poter accogliere il traboccamento divino,

Paolo aveva bisogno di questa umiliazione,

aveva bisogno di essere ricondotto alla povertà del cuore.


Carissimi, ecco quello che possiamo custodire nel cuore oggi.

La chiamata del Signore a dire di sì

sia alla povertà del cuore,

sia al traboccamento di Dio in noi e tra noi.


Perché avremo una bella raccolta di arance il prossimo inverno?

Perché Giacomo ha preso le forbici del giardiniere, per potare il nostro albero.


Se non sei vuoto, non puoi accogliere il traboccamento di Dio…

Se in noi c’è il “pieno” dell’uomo,

non possiamo accogliere il “pieno” di Dio.


Faccio un esempio concreto.

Nei momenti di scambio tra noi, di ascolto reciproco, di discernimento comunitario,

se ciascuno viene per proclamare e difendere le sue idee, le sue convinzioni,

non ne uscirà granché…


Invece, se ciascuno, certo, esprime al gruppo le proprie idee,

ma rimane in uno stato di ascolto, di apertura agli altri, di vuoto per amore,

cosa avviene?

Se abbiamo invocato lo Spirito ed affidato l’incontro a Maria,

allora avverrà probabilmente il traboccamento.

Nel dialogo emergerà qualcosa di nuovo,

al quale magari nessuno aveva pensato,

e che viene recepito come qualcosa che dà vita, che suscita speranza…

Allora il gruppo viene rafforzato nell’unità e ha voglia di camminare insieme.

Diviene un gruppo che ha un funzionamento “sinodale”, meglio, una “vita sinodale”.


Il “sinodo” non è solo un avvenimento, che noi decidiamo e mettiamo sull’agenda.

È un modo di esistere insieme,

che è frutto dello Spirito Santo

e che è fortemente arricchito dall’affidamento a Maria.

Richiede il sì alla povertà di cuore ed il sì al traboccamento di Dio.


È un modo di vivere insieme, di camminare insieme

in cui le persone che esercitano l'autorità sono necessarie,

ma con un nuovo modo di servire.

Sono i servi appunto della vita sinodale.

Servi nel suscitare l’ascolto reciproco,

nel richiamare alla povertà del cuore,

e nell’invitare a desiderare e riconoscere il traboccamento divino.

Servi nel prendere le decisioni

alla luce dello scambio comunitario e soprattutto nella linea del traboccamento.

Servi nel prendere le decisioni che permetteranno alla comunità

di rimanere nella vita sinodale.


È questo modo che Papa Francesco ci invita a scegliere.

Si tradurrà per noi nel partecipare ad un triplice ed unico cammino sinodale:

quello della Diocesi, già avviato da alcuni anni,

quello della Chiesa italiana,

e quello della Chiesa universale, che si avvia verso il sinodo dei vescovi del 2023.


Carissimi, già da oggi… diamo oggi a Gesù la gioia

del nostro comune sì alla povertà del nostro cuore,

e del nostro comune sì al traboccamento di Dio in noi e tra noi!

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