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3 aprile 2021 - Badia Fiorentina Fr. Antoine-Emmanuel



Veglia Pasquale

Mc 16,1-7


È tempo di usare le nostre ali d’oro!


Permettetemi un po’ di fantasia questa sera.

Vorrei raccontarvi la storia dei bruchi. Il paese dei bruchi è affascinante.


I bruchi esistono da millenni. Furono sempre grandi lavoratori.

Diedero origine a molte civiltà, con grande inventività.

Da molti secoli credevano in Dio.

Ma, ingannati da un ingannatore molto furbo, avevano un’idea strana di Dio.

Avevano la certezza che Dio richiedesse sempre qualcosa in cambio.

Non sapevano immaginare che Dio potesse amare dei bruchi gratuitamente e teneramente.


Tanti credevano pure in una risurrezione dopo la morte.

Sarebbero stati sempre dei bruchi, ma in un paese meraviglioso…


Ma la vita rimaneva penosa. Potevano esserci, sì, dei bei gesti di gentilezza tra di loro,

ma quanta gelosia, quante guerre!

Erano incapaci di condividere i doni della terra, che Dio aveva dato per tutti.

Era sempre la stessa storia:

pochi bruchi potenti dominavano su tutti, e si appropriavano di tutto.


Ora, un giorno, nacque in una stalla un bruco sorprendente.

Era come tutti i bruchi, anche se con una particolare eleganza.

Anche la sua mamma era come una regina, ma con immensa semplicità.


Questo bruco aveva con Dio un rapporto molto diverso: amava Dio.

Non credeva che Dio si dovesse compiacere, per essere da lui amati.

E viveva di quest’Amore, come se fosse il suo cibo.


Insegnava una via nuova, strana.

Diceva che si poteva anche diventare farfalle!

E nessuno, salvo la mamma, capiva cosa intendesse.


I bruchi più religiosi erano infastiditi da questo bruco così luminoso

che parlava di farfalle…

Ebbero paura di perdere il potere che avevano acquisito su tutti.

Allora decisero di uccidere quel bruco. Anzi, di condannarlo alla maledizione eterna.

Perché non si parlasse più di farfalle.


E così avvenne. Era un venerdì.

Sembrava che Dio lo avesse abbandonato.

La sua morte e la sua deposizione in una tomba furono come il formarsi di una crisalide.

Non lo si riconosceva più.

E i bruchi più umili, la povera gente pianse.

Perché Lui solo dava loro speranza.


Pianse tanto Sua madre.

Ma nello stesso tempo, Ella, sola, credeva che sarebbe venuta fuori la farfalla.

Pregò. Pregò tanto che Dio anticipò l’apparire della farfalla.

E già all’alba della domenica,

avvenne quello che non si era mai visto. Mai…

Era lo stesso bruco, era Lui… indiscutibilmente.

Era di nuovo in mezzo ai suoi.

Anzi, camminava con loro, parlava con loro, mangiava con loro,

ma era pure del tutto diverso.

Era divenuto farfalla.

Attraverso il passaggio nella crisalide, aveva ricevuto delle ali d’oro,

che lo rendevano capace di muoversi nell’eterno come nel tempo.

Delle ali che lo rendevano capace di un amore senza confini,

di una misericordia senza limiti.


Era una novità totale!

A dire il vero, Egli, mentre era ancora vivo aveva risuscitato dei bruchi morti,

ma questi erano rimasti dei bruchi, e un giorno morirono.

Questa volta era del tutto diverso:

come un salto di qualità, una mutazione di una bellezza incredibile.


Aiutati dalla Regina,

molti bruchi cominciarono a credere.

Aprirono il cuore alla Bella Notizia e al Soffio di Dio.

E quello che Egli aveva detto si compì:

anch'essi, pur essendo ancora in questa vita, divennero farfalle.


Anch'essi potevano vivere la sua trasformazione.

Attraverso l’acqua, si immergevano nella sua crisalide,

e divenivano delle farfalle con ali d’oro.

Quelle ali erano ancora invisibili,

ma davano loro la capacità di amare Dio in un modo del tutto nuovo.

Ballavano per Dio con le ali spiegate,

o intercedevano per tutti con le ali tese al cielo.

Erano pure capaci di un grande amore per il prossimo:

potevano anche dare la vita per gli altri,

perdendosi per amore.

E tra loro, nasceva un modo di rapportarsi del tutto nuovo.

Erano, grazie alle ali d’oro, una cosa sola.

Egli aveva condiviso con loro la sua vita nuova…


Fu davvero il più grande avvenimento in tutta la storia dei bruchi.

Una nuova dimensione era offerta a tutti, senza esclusione di nessuno.

Eppure rimanevano ben presenti nella storia.

Vivevano in mezzo a tutti.

E le ali d’oro, invisibili, certo, non li rendevano superiori agli altri,

ma restavano a servizio degli altri.


Non fu sempre facile la loro vita, perché la loro diversità faceva paura… e creava ostilità.

Inoltre essi stessi erano spesso tentati di non usare le ali,

perché dimenticavano che morire porta alla vita vera.

Ma Dio aveva concesso loro la possibilità di risanare le loro ali, quando le avessero strappate.


Poi, avvenne una cosa brutta nel paese dei bruchi:

ci fu una pandemia.

Tanti morirono soli e abbandonati.

Tutti furono presi da una disperazione che era più contagiosa del virus stesso.

E si capisce, perché mai si era vissuta una prova di tale ampiezza sul pianeta dei bruchi

e tutta la loro scienza non riusciva a vincere

quel piccolo nemico invisibile, seminato dall’ingannatore.


Ma i bruchi divenuti farfalle con le ali d’oro non caddero nella disperazione.

Capirono che Dio aveva permesso all’ingannatore di seminare il virus,

perché tanti bruchi si erano infatuati di loro stessi,

e pretendevano di essere Dio.

Usarono le ali d’oro per pregare,

per andare ad attingere la misericordia di Dio,

e anche per mettersi a servizio dei sofferenti.


Capirono di avere una responsabilità immensa nei confronti di tutto il paese dei bruchi.

Solo essi avevano le ali d’oro.

In realtà, la speranza di tutto il paese, l’avevano loro.

Allora, cantarono questa speranza.

Anche in piena notte.

Anche nella persecuzione.

Perché l’Amore non lo potevano tenere per sé…


Vedevano la potenza della pandemia, avevano gli occhi ben aperti

e diffidavano dei complottisti e dei negazionisti.

Ma sapevano che la potenza dell’Amore divino era più forte.

Infinitamente più forte.


Gli altri bruchi conoscevano solo la terra, le erbe e le foglie delle piante.

Invece le farfalle volavano e conoscevano già un po’ il cielo.

Aiutate dalla Regina, non dimenticavano la Risurrezione, la crisalide e la vita nuova.

E questo trasformava il loro sguardo sulla realtà.

Faceva sì che esse si impegnassero appieno nella vita del pianeta,

come se ci fosse solo questa vita.

E allo stesso tempo si impegnavano appieno per la sorte eterna dei fratelli,

come se ci fosse solo l’eternità.

Pienamente bruchi in mezzo ai fratelli.

E pienamente farfalle con le ali d’oro.


Non potevano dimenticare la cosa più bella che ci sia,

e tanto dimenticata,

ossia che Dio vuole che tutti i bruchi, un giorno,

danzino come farfalle nella gioia dell’eternità.


Carissimi, non terremo per noi la gioia di essere divenuti farfalle, vero?

È tempo di usare le nostre ali d’oro!



1 Cfr. Joseph Ratzinger, Papa Benedetto XVI “Gesù di Nazareth”, Seconda parte, Libreria Editrice Vaticana 2001, p. 272



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