Martedì della IX settimana del T.O.
Tb 2,9-14 – Mc 12,13-17
Signore, eccoci, per diventare somiglianti a Te
Per rispondere alla domanda dei farisei e degli erodiani,
Gesù avrebbe potuto affermare solo:
“Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio".
(Mc 12,17).
Non sarebbe l’unica volta in cui Gesù risponde in modo un po’ enigmatico.
Ma Gesù ha voluto aggiungere un gesto:
“Portatemi un denaro: voglio vederlo”. ( Mc 12,15)
Perché?
Perché, invitando i suoi interlocutori
a guardare l’immagine e l'iscrizione sulla moneta,
Gesù ci chiama, allo stesso modo, a guardare alla nostra vita, alla nostra umanità,
e a riconoscere che portiamo l’immagine e l'iscrizione di Dio.
Dio ci ha plasmati a sua immagine, in vista della piena somiglianza.
E ha iscritto la Sua legge d’amore sui nostri cuori.
Allora… rendiamo a Dio quello che è di Dio.
Siamo “proprietà” di Dio!
Apparteniamo a Dio!
Non posso rubare a Dio quello che Gli appartiene.
Non è una proprietà secondo le leggi degli uomini,
bensì una proprietà secondo la Legge di Dio:
"Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore,
con tutta la tua anima e con tutta la tua mente.” (Mt 22,37)
Dio non ci chiede tasse… ci chiede “tutto il nostro cuore,
tutta la nostra anima e tutta la nostra mente”.
Ma, se siamo “proprietà” di Dio,
come può Dio permettere il male, le malattie, le disgrazie?
Questo “scandalo” fece andare in collera Anna, la moglie di Tobia,
abbiamo sentito nella prima lettura. (Tb 2,14)
“Tu fai tanto per Dio, ed ecco,
Dio permette che gli escrementi di un uccello ti rendano cieco.
E, soprattutto, tu continui ad amare Dio!
Che senso ha?
Come puoi amare un Dio che permette che tu divenga cieco?”
Qui sta la differenza tra Anna e Tobia.
Tobia ha lasciato entrare nella sua vita il mistero pasquale di Dio, Anna no.
Tobia non maledice la sua cecità o l’essere insultato dalla moglie.
Proclama al contrario che Dio è giusto e che le opere di Dio sono tutte giuste.
Poi, chiede di morire, ma lo chiede a Dio, rimettendosi a Dio.
E da questo affidamento sgorgherà una vita nuova,
non solo per lui, ma per tanti, fino a noi, che oggi leggiamo la sua storia.
Questo è “appartenere” a Dio.
Non solo essere immagine di Dio, ma entrare nella piena somiglianza a Dio.
Quando lasciamo il Mistero Pasquale plasmare la nostra vita.
Signore, eccoci, per diventare somiglianti a Te.
Per renderTi quello che è Tuo: noi stessi.
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