Giovedì XXII sett. Del Tempo Ordinario
1 Cor 3,18-23 - Lc 5,1-11
Ci sono dei momenti forti nel corso della vita,
degli appuntamenti con la grazia,
di cui uno si ricorda…
Certamente Pietro si ricordava di quel giorno presso il lago
di cui abbiamo appena sentito il racconto.
Pietro aveva già fatto un bel passo:
aveva messo la sua barca a disposizione di Gesù.
Si era reso disponibile per Gesù, donandogli il proprio tempo.
Ora Gesù gli chiede di più, molto di più.
"Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca" (Lc 5,4)
Cosa sta chiedendo Gesù a Pietro?
Essenzialmente una cosa: di fidarsi della Sua Parola.
Pietro deve rinunciare ad essere il capo-pescatore,
e deve fidarsi di Gesù che non è un esperto di pesca… è un falegname!
Inoltre Gesù non chiede più di “scostarsi un poco da terra” (5,3),
bensì di “prendere il largo”, cioè, nel testo greco, di andare verso il profondo.
Chiede pure a Pietro di ridestare la propria speranza,
perché Pietro non aveva nessuna voglia di ripartire per pescare,
dopo l’insuccesso della notte.
Pietro obbedisce!
La parola di Gesù, non l’ascolta o l'ammira soltanto, la mette in pratica:
"Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla;
ma sulla tua parola getterò le reti". (5,5)
*
Fu una svolta nella vita di Pietro:
non era più lui il capo cantiere della sua vita, lo era Gesù!
La conseguenza di ciò fu una fecondità del tutto inaspettata.
Al punto che “Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù”. (5,8)
Quello che fai è troppo grande per me… Sono un peccatore, e tu sei santo!
*
Grazie, Pietro!
Grazie di aver detto di sì!
Grazie perché possiamo ormai imparare da te,
e, come te, dire di sì alle richieste inaspettate di Gesù.
*
Devo dire che questo Vangelo mi colpisce profondamente,
in questo mio ultimo giorno a Firenze.
Lo ricevo come una chiamata ad andare, come Pietro,
verso una maggiore profondità.
A prendere il rischio di giocare di più la mia vita
per rispondere alla chiamata di Gesù.
Lo ricevo come una triplice chiamata:
innanzitutto a una maggiore profondità nella preghiera.
Il Signore mi ha fatto capire questa estate
che bisogna andare verso la contemplazione.
Contemplare. Guardare. Ammirare.
Non una preghiera preoccupata di trarre degli insegnamenti, delle conoscenze…
Una preghiera meno centrata su di me.
Contemplare.
Contemplare il destino di Gesù, il volto del Padre,
il mistero della creazione e della redenzione.
Contemplare il mistero di Gesù e Maria.
Contemplare il nostro destino eterno.
Paradossalmente, è la contemplazione, credo, che ci trasforma di più.
Perché si tratta di aprirsi al mistero di Dio,
senza lasciarsi distrarre dalla preoccupazione di sé.
Contemplare per lasciarsi impregnare dallo stile di Gesù.
La seconda chiamata che percepisco
è quella ad andare più in profondità nell’amore reciproco.
A prendere il rischio concreto di amare e di lasciarmi amare.
Il Signore mi chiede una vita religiosa ricca di amore, ricca di amicizie profonde.
Questo esige da me un nuovo rapporto con il tempo.
Perdere il controllo del tempo per darlo nell’amore.
Com’è difficile!
Ma so che l’amore reciproco come Gesù ci ha amati è IL comandamento di Gesù.
(cf Gv 15,12)
È quindi il Suo dono.
Credo, in modo particolare, che il rapporto uomo-donna,
l’amicizia uomo-donna, l’amore,
sia il luogo di un appuntamento eccezionale con Dio.
Anche lì bisogna andare nel profondo.
Acconsentire a perdere tante sicurezze,
per avviarsi sui sentieri dell’amore.
Il peccato ha rovinato il camminare sereno di Adamo ed Eva con Dio
alla brezza del giorno. (Gen 3,8)
Ma accogliere il dono di Gesù,
dare il primato assoluto all’amore di Gesù
rende possibile un nuovo camminare sereno uomo-donna,
non esclusivo, bensì casto e fecondo.
Bisogna andare nel profondo, sulla Parola di Gesù,
perché solo in Gesù Crocifisso, in Gesù abbandonato, si trova un tale tesoro
Il terzo campo in cui sento la chiamata ad andare più nel profondo
è quello della sapienza.
Chiedo a Dio la Sua sapienza.
Credo che sia vitale imparare o ri-imparare a leggere il mondo, la storia, la vita,
il sesso, la morte… con la sapienza dall’Alto.
Credo con la Chiesa che la fede non inibisca la ricerca intellettuale,
bensì le dia delle ali!
Non mi basta la lettura dell’attualità che ci offre la stampa e la rete,
vorrei entrare nella lettura sapienziale della storia.
Scoprire il senso divino delle cose.
Imparare la Sapienza della croce,
con le sue parole essenziali
come Amore, com-passione, riparazione, co-redenzione…
Anche lì, si tratta di perdere, di rinunciare, per prendere il largo!
*
Ciascuno di noi questa sera potrebbe, lo stesso, chiedersi:
“Signore cosa vuole dire per me “prendere il largo”?
A quali nuove profondità mi chiami?”
Con una certezza: verrà il momento in cui, come Pietro,
avremo bisogno della barca di un altro…
Ci renderemo conto
che non possiamo giungere alla pienezza della nostra storia da soli.
Ci vuole un altro, un’altra, degli altri.
La piena fecondità della nostra vita non si può raggiungere con Dio solo!
Ci vogliono gli altri.
Perché così Dio ci ha pensati, ci ha pensati “con” gli altri.
Ci ha pensati gli uni “per” gli altri, nella reciprocità del servizio e dell’amore.
Poi, come per Pietro ed i suoi compagni,
verrà il momento in cui lo stupore ci invaderà,
noi e tutti quelli che sono con noi.
Perché Dio è eccessivo nell’amore, nella benevolenza, nella Provvidenza…
Davvero “a colui che in tutto ha potere di fare
molto più di quanto possiamo domandare o pensare,
secondo la potenza che opera in noi,
a lui la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù
per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli! Amen.” (Ef 3, 20-21)
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