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1° aprile 2021 - Badia Fiorentina Fr. Antoine-Emmanuel


Giovedì Santo

Messa in Cena Domini

Es 12,1..14 – 1 Cor 11,23-26 - Gv 13,1-15


Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato


Gesù ha lavato i piedi dei suoi discepoli. Tutti. Giuda incluso.

Poi, ha consacrato il pane e il vino e li ha dati ai suoi discepoli. Tutti. Giuda incluso.

Poi, c'è l’annunzio del tradimento.

E Giuda esce.


Una volta che Giuda è uscito, Gesù inizia ad affidare agli Undici

le più belle confidenze del suo cuore.

E comincia così:

"Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato…” (Gv 13,31)

Gesù, cioè, torna sul dono dell’Eucarestia appena offerto.

“Il Figlio dell'uomo”, Gesù, “è stato glorificato”.

Gesù, cioè, ha compiuto un gesto straordinario che manifesta la sua gloria:

a Lui è stato concesso dal Padre di donarsi attraverso il pane ed il vino.


Gesù desiderava tanto mangiare quella Pasqua con i suoi apostoli,

prima della sua passione, (cfr Lc 22,15)

Desiderava tanto donarsi agli apostoli sotto le specie del pane e del vino.

E il Padre gli ha concesso questo donarsi infinito attraverso l’umiltà,

attraverso la realtà semplicissima del pane e del vino.


È un miracolo immenso.

Più grande di tutti i miracoli del Vangelo.

Grande miracolo fu la trasformazione dell’acqua in vino a Cana.

Grande miracolo furono le moltiplicazioni del pane in Galilea.

Ma infinitamente più grande è il miracolo eucaristico.

Perché non offre un dono della terra, bensì un dono divino, un donarsi di Dio.


Grandi furono i tanti miracoli di guarigione, di liberazione e di risurrezione

compiuti da Gesù.

Ma infinitamente più grande è il miracolo eucaristico.

Perché non offre la vita terrena, bensì la vita divina.


Gesù non ha detto:

“Questo è come il mio corpo, come il mio sangue”.

Ha detto: “Questo è il mio corpo… questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue.”

(cfr Lc 22,19-20)

La sua presenza non è simbolica, ma reale, viva, vivente.

L’amore di Gesù non è simbolico.

Il suo donarsi sulla Croce non è simbolico.


Ai Corinzi che non sapevano bene come celebrare l’Eucarestia in modo degno,

Paolo scrive:

“Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice,

voi annunciate la morte del Signore”(1Cor 11,26),

voi proclamate quella morte che oggi avviene, quel donarsi di Gesù che oggi avviene.

E questo “finché egli venga” alla fine dei tempi.


E Paolo aggiunge:

”Perciò chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno,

sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore.

Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice;

perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore,

mangia e beve la propria condanna. (1 Cor 11,27-29)


Bisogna “riconoscere il corpo del Signore”.

Non un simbolo… ma la realtà del Corpo di Gesù, morto e risorto.


Gesù aveva chiaramente detto che Egli è il Pane della vita, anzi il Pane vivo (Gv 6,35.48.51).

E questa sera Egli dà concretezza a queste sue parole.

Con la sua morte in Croce diviene DONO… diviene PANE…

sempre vivo nella Sua Risurrezione.

Così che noi ci nutriamo non di un simbolo,

ma del corpo, del sangue, dell’anima e della divinità di Gesù.


Il pane rimane pane, rimane cibo,

ma questo pane è ormai infinitamente arricchito, transustanziato: diviene il Corpo di Cristo.

Gesù si è transustanziato quella sera,

anticipando, o, meglio, suggellando il suo donarsi, senza ripensamento, fino alla Croce,

fino ad essere abbandonato dal Padre e ad abbandonarsi a Lui.

Gesù si è transustanziato facendosi pane per farci vivere della vita vera!


Carissimi, il dono è immenso.

Questo dono ci appartiene!

Appartiene al Popolo di Dio. Il Corpo dello Sposo Gesù appartiene alla Sposa Chiesa.

È nostro!

Ma dev'essere chiaro che tutto questo non viene da noi.

Non siamo noi, popolo, che “fabbrichiamo” il dono eucaristico.

L'Eucarestia è donata. È sempre un donarsi di Gesù.


Perciò Gesù ha instituito dei servi dell’Eucarestia,

dei servi che siano “sacramenti” vivi della Sua Presenza,

che manifestino che è Gesù che dona l’Eucarestia, che Si dona.

Sono i sacerdoti.

I sacerdoti sono dei minori, anzi dei minimi dinanzi al Grande Mistero dell’Altare!

Servono e si mettono da parte.

Fanno le veci di Gesù, e lasciano Gesù agire.

È la bellezza del ministero sacerdotale,

Non è che servizio.

Tutto orientato a lasciar passare l’Amore di Gesù.

Il Sacerdozio è l’Amore del Cuore di Gesù, diceva il Santo Curato d’Ars.


Allora, vi annuncio una novità bellissima:

Il 29 maggio, fratello Carlo sarà ordinato sacerdote mediante l’imposizione delle mani

dal nostro Arcivescovo, successore, appunto, degli Apostoli.


Carlo rimarrà Carlo, con la sua umanità.

Ma la sua umanità sarà arricchita di un dono infinito, per gli altri.

Sarai “transustanziato” …

perché non solo porterai una presenza particolare di Gesù per il mondo.

ma diverrai questa presenza del Signore che si dona.


La tua umanità non sarà svuotata dal dono dell’ordinazione,

ma tu ti svuoterai di te stesso, perché Gesù possa

operare, parlare, guarire, liberare, santificare, guidare… attraverso di te.


Il 29 maggio, oltre ad essere la vigilia della Festa della Santissima Trinità,

è - ed è provvidenziale - l’anniversario dell’ordinazione sacerdotale di Paolo VI,

e la festa di San Paolo VI!

In un discorso fatto il 19 novembre 1959 nella chiesa della Pace a Brescia,

Paolo VI fece questa domanda: “Perché siamo sacerdoti?”

E rispose: “Siamo sacerdoti per servire, per servire.

È funzionale la nostra dedizione:

“Chi governa sia come colui che serve” (Lc 22,26)

Chi precede sia l’ultimo (…).

Siamo in funzione degli altri, non in funzione di noi stessi. (…)

E vedremo, carissimi confratelli, come siamo candidati a delle cose tremende,

proprio perché abbiamo questa eccelsa dignità.

Abbiamo la dignità di essere, sì, i redentori del mondo,

ma la redenzione si compie con la Croce. (…)

Se siamo sacerdoti, cioè siamo i capi, le guide, gli esempi degli altri,

dobbiamo ricevere sulle nostre spalle questo tremendo peso della espiazione altrui.”

Non è facile ricevere queste parole.

Ma se le accettiamo, allora comprendiamo perché il nostro ministero ci fa soffrire,

e la sofferenza, invece di schiacciarci, si illumina come parte del nostro ministero.


È immenso il dono del sacerdozio,

ma si realizza attraverso la povera umanità di uomini ordinari.

Con la dolorosissima possibilità dei tanti scandali che vediamo.

Ma questo non toglie nulla al dono,

e alla felicità di essere sacerdoti.

Di essere servi dei fiumi d’amore che sgorgano dal Cuore di Dio.


Servi dell’Eucaristia in particolare…

In un’omelia per la Messa in Cena Domini, il Cardinale Montini, futuro Papa Paolo VI, disse:

Con l’ultima cena “siamo di fronte ad una cosa stupenda.

Crediate o non crediate, non si può non dire che questa sia una cosa sublime;

e siccome noi crediamo, la nostra curiosità incalza, va avanti ancora e potremmo dire:

oh, fortunati quelli che c’erano!

Fortunati quelli che hanno raccolto questo amore!

Quelli sì che sono stati amati, quegli undici che erano a mensa con Cristo!


E l’amore realizza un’altra legge in questa scena eucaristica.

L’amore tende alla dilatazione;

spatia charitatis dilatentur dice Sant'Agostino: l’amore tende ad allargarsi.

E allora Gesù che cosa ha fatto del suo dono?

Lo ha reso moltiplicabile, dicendo: “Fate questo in memoria di me”.


Quel gesto attraverserà tutta la storia,

passerà attraverso tutte le file dell’umanità,

ne parlerà tutta la storia umana, le generazioni, la storia dei popoli, le città, le assemblee;

durerà fino alla fine dei secoli.


Questo dono giunge a Milano questa sera, giunge in questo Duomo.

È ancora il gesto di Cristo che vi offre sé stesso come dono:

è arrivato proprio a ciascuno di noi,

è arrivato perché noi potessimo davvero dire:

“Mi ha amato e ha dato sé stesso per me”2




2 Pasqua, la novità dell’Amore – Omelie del Triduo e scritti Pasquali di GB Montini. Centro Ambrosianiìo, 2010, p.112

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